Lo ha rincorso da sempre e finalmente lo ha agguantato. Un premio ricco di lacrime di gioia che sa di rivalsa nel lavoro e nella vita.
“Vorrei ringraziare la mia terribile infanzia e l’Academy, proprio in quest’ordine”. Esordisce così, Robert Downey, nel suo discorso di ringraziamento per l’Oscar appena vinto come Miglior Attore non Protagonista per il film di Nolan, “”Oppenheimer”.
In passato l’aveva sfiorato per due volte ma, stanotte, il premio che tanto voleva e che ha tanto meritato è finalmente finito nelle sue mani. Robert Downey jr ha finalmente vinto il suo primo Oscar.
Una vita complicata, quella di Robert, un passato da enfant prodige a pesare indiscutibilmente, tanto da affogare tra alcool, droghe e nottatacce passate in cella (un anno dietro le sbarre se l’è fatto tutto filato): “Ringrazio mia moglie”, ha sottolineato l’attore, ”Mi ha trovato come un cucciolo abbandonato e da brava veterinaria mi ha riportato in vita”.
Il 58enne, tra i volti di punta del Marvel Cinematic Universe (il suo Tony Strak/ Iron Man è ormai iconico) è un sopravvissuto a sé stesso, una vita tra alti e bassi, come quella di una “classica” rockstar: prima della gloria, dei soldi, della celebrità, c’è stata la polvere.
La droga è stata l’amara compagna per molti anni, l’ha trascinato in basso, lo ha costretto a combattere contro sé stesso, contro le sue debolezze e dipendenze: la sua vita, la sua carriera, potevano finire nella pattumiera di Hollywood, e invece…
Figlio del regista Robert Downey Senior, Robert è il classico predestinato: esordio da bambino (nel 1970, recitando in “Pound” e in diversi film per teenager negli anni ’80), fino al ruolo di protagonista nel biopic Chaplin (anno 1992), in cui interpreta il grande Charlie Chaplin, ricevendo anche la nomination agli Oscar (non vince, la statuetta gliela soffia Al Pacino, interprete di “Profumo di Donna”, remake del film di Dino Risi, con Vittorio Gassman).
Sembra la classica vita in discesa, pronta per successi, fama, ricchezza: e invece Robert imbocca il sentiero impervio, la sua personale sliding door lo porta direttamente in prigione per possesso di armi e droghe.
Gli anni ’90 saranno in chiaroscuro, tra arresti, scandali e pochi ruoli: Hollywood lo ha abbandonato. Nel 1999, dopo altre violazioni della libertà su cauzione, viene infine condannato a tre anni di reclusione, proprio mentre sta per uscire il suo ultimo film, Black and White.
Sconta parte della pena, diventa amico di galeotti, studia, lavora su di sé: dal buio ritorna temprato, anche se alcool e droghe restano sul comodino; dopo aver recitato nella sitcom di successo “Ally McBeal”, la carriera di Robert riparte (grazie anche all’aiuto degli amici).
Mel Gibson gli paga le cauzioni, Ben Stiller lo rilancia al cinema (Tropic Thunder, del 2008), il regista e attore Jon Favreau lo chiama come Tony Stark per il fumettone sull’Uomo di Ferro :“Iron Man” è un successo internazionale, il suo personaggio è border line, perfetto, immedesimazione totale. Nasce Iron Man, rinasce Downey Jr.: interpreta il playboy-scienziato geniale in altri due film di Iron Man e in altri cinque film dell’Universo Marvel (fino al 2019), passando per la disintossicazione, la moglie, il successo ritrovato e circa 75 milioni di dollari a film. E adesso il suo primo, meritato, Oscar (per il ruolo di Lewis Strauss, presidente della Commissione per l’energia atomica USA negli anni ’50): un riscatto notevole, per il predestinato “maledetto”.